Archivi eretici. Storia e immaginazione nel lavoro di Elisabetta Benassi
Abstract
Partendo dall'opera Empire l'articolo esamina l’interpretazione eterodossa, e anzi eretica, che Elisabetta Benassi ha fornito, si può dire sin dai suoi esordi intorno al 2000, del tema dell’“archivio”, ovvero una delle formazioni culturali intorno cui più si è andata concentrando la creazione artistica negli ultimi tre decenni. Una metodica, quella sua, che da un lato include via via nuove ipotesi di archivi potenziali e dall’altro mina la possibilità di una stabile tassonomia che di ogni archivio è l’implicita promessa. Per Benassi, l’archivio si mostra sempre come un precario, contraddittorio regime di visibilità, nel quale i materiali eterogenei di cui l’artista si appropria – oggetti trovati, dispositivi tecnologici, fotografie, prelievi iconografici, citazioni, rimandi storici – compongono un intreccio di allegorie in cui si mostra, come in filigrana, la lotta tra ordine ed entropia, tra l’umana aspirazione alla memoria, alla permanenza, e l’azione delle forze storiche, e non meno umane, che a quel desiderio oppongono caos e nulla.
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