Italian Culture As White Culture in Postwar United States

Autori

  • Antje Gamble Murray State University

DOI:

https://doi.org/10.15168/palinsesti.12.2383

Abstract

Gli italo-americani e gli immigrati di più recente arrivo negli Stati Uniti si trovarono di fronte a un ambiente politico e sociale in rapido mutamento nel decennio successivo alla Seconda guerra mondiale. Pur avendo i privilegi legali dei bianchi, gli italo-americani non beneficiarono appieno dei sistemi razzializzati esistenti negli Stati Uniti. Ciononostante, l’arte e la cultura provenienti dal loro paese d’origine o di ascendenza venivano utilizzate dagli Stati Uniti nella loro Guerra fredda culturale come rappresentazione della cultura “occidentale” bianca, contrapposta alla cultura “orientale” comunista dell’URSS. Mostre come Twentieth Century Italian Art al MoMA e Italy at Work: Her Renaissance in Design Today non solo aprirono i mercati statunitensi alla cultura materiale italiana, ma contribuirono anche ad instaurare un legame culturale tra gli Stati Uniti e il passato umanistico dell’Italia (questa narrazione era iniziata già prima della guerra con varie esposizioni di arte rinascimentale italiana). Il passaggio, nel dopoguerra, al sostegno dell’arte e del design moderni fu determinante per consolidare la posizione dell’America come leader culturale dell’“Occidente”.

I fondi del Piano Marshall venivano impiegati, su piccola e grande scala, per finanziare esposizioni di arte e design italiani negli Stati Uniti subito dopo la Seconda guerra mondiale. Tali mostre non erano presentazioni neutre della cultura materiale italiana. Al contrario, proponevano l’Italia e la sua cultura come parte delle democrazie capitaliste dell’“Occidente” razzializzato e bianco. Come ha illustrato Said, ciò rendeva necessaria la costruzione di un “altro” orientale, non bianco. Sebbene gli italo-americani continuassero a essere solo marginalmente bianchi, l’arte e il design italiani si consolidarono come parte integrante della cultura “occidentale” bianca. Gli studi sull’impiego delle esposizioni nel secondo dopoguerra hanno già messo in luce il modo in cui gli attori politici cambiarono il modo in cui l’arte veniva contestualizzata sia da parte delle élite culturali sia del grande pubblico – dal lavoro pionieristico di Serge Guillbaut fino ai più recenti volumi di Nancy Jachec. Anche il recente libro di Raffaele Bedarida ha contribuito a contestualizzare il più ampio andamento dell’arte italiana nella cultura alta e popolare degli Stati Uniti. Inserendosi in questi discorsi, questo contributo intende approfondire come le esposizioni d’arte e design italiani negli Stati Uniti nel dopoguerra abbiano contribuito a rafforzare le prime concezioni americane della Guerra fredda riguardo la “bianchezza” e la cultura.

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Pubblicato

2025-08-29 — Aggiornato il 2025-09-22

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