Sulla rivista
Una nuova rivista, di solito, può nascere per tante ragioni. Per aprire sentieri di ricerca o di riflessione prima non percorsi; per rispondere alle istanze di un settore specifico, scientifico o pratico; per riprendere iniziative già esistenti nel passato e meritevoli di essere riproposte; per dare voce a bisogni propri di un certo tempo, o di una certa generazione; per porsi in dialogo, o in dialettica, con altre sedi culturali di approfondimento. L’elencazione potrebbe continuare. Del resto, mai come oggi, le riviste scientifiche, non solo in ambito giuridico, sono moltissime.
Anche Antologia di Diritto Pubblico (ADP) ha le sue ispirazioni. Sono spunti che si possono intravedere già nella semplice spiegazione dei contenuti di questa iniziativa editoriale, che vede la luce grazie a una proficua collaborazione tra studiosi di due diverse realtà accademiche, la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento e il Dipartimento di Studi per l’Economia e l’Impresa dell’Università del Piemonte Orientale.
La rivista, infatti, che ha formato digitale e cadenza semestrale, intende raccogliere e ripubblicare di volta in volta singoli contributi classici delle discipline giuspubblicistiche, italiani o stranieri, accompagnandoli con saggi critici di commento o rilettura. Di qui la distinzione, in ogni numero della rivista, tra una prima e una seconda parte, dedicate, rispettivamente, al classico da offrire nuovamente all’attenzione degli interpreti (“il testo”) e ai relativi articoli di corredo, con i quali saranno chiamati a confrontarsi colleghi con esperienze formative diverse (“letture e interpretazioni”).
È un’operazione a suo modo semplice, eppure è un’attività che, al momento, non trova riscontro nel panorama nazionale.
Il dato può apparentemente sorprendere, poiché la dinamica del confronto con i Maestri della tradizione giuridica e con gli insegnamenti che hanno saputo formulare è consuetudine tipica del giurista e delle aggregazioni (scuole, gruppi di ricerca, società o istituti scientifici, etc.) in cui egli usualmente si riconosce.
Ciascun giurista, in fondo, ha una sua, propria antologia di riferimento: una galleria di Autori o di opere che sono state importanti per la sua crescita intellettuale e professionale, o che costituiscono l’approdo cui tornare periodicamente per operare un bilancio sui passi compiuti, personalmente o dalla comunità di appartenenza, o anche per trarre stimoli o idee per nuovi inizi.
Il primo scopo di ADP, dunque, consiste nel creare un luogo pubblico e facilmente fruibile – online e in Open Access – per la condivisione di questa consuetudine e delle meditazioni che essa usualmente favorisce, e per la dimostrazione, quasi in presa diretta, che il colloquio con i lavori di chi ci ha preceduto è assai utile e fruttuoso. Non tanto perché si immagini di trovare in quei lavori le risposte che sempre si cercano di fronte alle questioni sempre sorprendenti, e non meno complicate, che la realtà ci presenta; quanto, piuttosto, per il fatto che il senso di attrito, o anche di distanza, che quel colloquio può creare, ha spesso la stessa funzione che è svolta dall’aratura di un terreno. Anche il patrimonio di conoscenze e di tecniche che il giurista accumula nel corso del tempo forma talvolta delle zolle che necessitano di essere rivoltate e ossigenate: è così che quel substrato torna fertile e ospitale, e dunque pronto a rispondere con prontezza e consapevolezza alle sollecitazioni, anche le più originali e inaudite, che gli vengano poste.
In questa prospettiva, ADP ha anche una seconda finalità, visto che dalla volontà di diffondere e discutere momenti salienti della storia del pensiero giuspubblicistico la rivista tende a muovere, come si è anticipato da ultimo, alla volontà di privilegiare una determinata opzione metodologica per la frequentazione del diritto costituzionale e del diritto amministrativo.
È un approccio che si potrebbe sintetizzare rammentando un antico racconto egiziano, ripreso da Pietro de Francisci come esordio di un suo noto intervento (P. de Francisci, Dogmatica e storia nell’educazione giuridica, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, n. 3/1923, IV, 373 ss., anche in Questioni di metodo. Diritto romano e dogmatica odierna. Saggi di Pietro de Francisci e di Emilio Betti. Appendici di Gabrio Lombardi, Giuliano Crifò e Giorgio Luraschi, Como, New Press, 1997, 2a ed., 1 ss.).
Si tratta della storia del figlio di un re, «amante della sapienza, il quale trascorreva le sue giornate nelle immense necropoli di Memfi per studiarvi i testi sacri e per leggere le iscrizioni di cui erano sovraccarichi i monumenti e le pareti del tempio». In questo racconto, si narra che un giorno il figlio del re, mentre «si aggirava nell’atrio del tempio di Phtah» (divinità creatrice del mondo e, tra l’altro, maestro di giustizia), abbia incontrato «un personaggio dal nobile aspetto», che «gli si avvicinò sorridendo con aria ironica»: «Perché ridi di me? Gli chiese il principe. Non vorrei ridere di te – rispose quello – ma non so frenarmi, vedendo come tu stia qui decifrando scritti che non hanno nessun potere, mentre se tu volessi leggere scritti efficaci, faresti bene a venire con me» (Ivi, 373, corsivi nell’originale).
Il messaggio di questo estratto è chiaro. ADP ha l’obiettivo – restando ai termini del racconto – di continuare a coltivare la frequentazione del tempio, e di sollecitare, così, i giuspubblicisti a non lasciarsi distrarre eccessivamente dagli “scritti efficaci”, vale a dire dalle lusinghe di ciò che appare più contingente o dal fascino delle reazioni (e delle relazioni) scientifiche che immediatamente sembrerebbero rispondere alle esigenze più prossime delle istituzioni o di chi governa.
Non c’è dubbio che il diritto pubblico sia grande parte di tutto ciò che si ascrive usualmente alla categoria degli instrumenta regni, ma è altrettanto vero che la sua ricchezza si trova nei luoghi in cui si sedimentano le esperienze di limitazione e orientamento del potere e, con esse, il lascito di chi ha pensato e razionalizzato quelle esperienze; e che per il giuspubblicista – come per tutti i giuristi, forse – è la dottrina stessa, innanzitutto, il primo e ineludibile bagaglio da portare sempre con sé, e da utilizzare specie di fronte alle sfide mai affrontate in precedenza. Se si affrontasse un avventuroso viaggio di ricerca dimenticandosi il bagaglio, si finirebbe infatti per cadere ben presto nella trappola dell’eterno presente, particolarmente insidiosa quando si approfondiscono tematiche inesistenti sino a un recente passato, ma comunque meritevoli di essere approfondite anche alla luce della dottrina risalente; in assenza della quale, si rischierebbe di scoprire con meraviglia ciò che è noto da tempo alla comunità cui si appartiene, un po’ come accade naturalmente nei primi anni di vita.
È quanto mai salutare, quindi, perdersi, o vagare, come il protagonista della storia ora rievocata, tra le colonne dell’edificio che la sua materia ha plasmato nel corso del tempo. E pertanto non è un caso che la rivista abbia scelto, sin da questa sua prima apparizione, di concepire l’editoriale che sarà pubblicato all’inizio di ogni numero come la presentazione del numero – o, meglio, del classico – successivo: come a suggerire che – come accade sempre, quando ci si rivolge alle voci degli altri giuristi – una lettura tira l’altra. Perché un Maestro ne richiama un altro; o anche perché ogni argomento, vecchio o nuovo che sia, ha un interlocutore da tenere in considerazione; o anche perché, molto prosaicamente, le opere stanno sempre una accanto all’altra, come in biblioteca, e quando se ne cerca una prima, se ne trova sempre una seconda, tanto lontana e diversa, quanto interessante e stimolante.
ADP ha anche altre caratteristiche, che si possono ricavare dall’analisi della composizione e dall’articolazione dei suoi organi interni.
In questo modo non si vuole alludere alle varie peculiarità di carattere quasi burocratico che ogni nuova iniziativa editoriale deve affrontare e gestire per essere accreditata nel contesto scientifico. Sono snodi, questi, per la cui esplicazione si rimanda direttamente al Regolamento e al Codice etico che ADP si è data e che sono facilmente consultabili sul portale da cui la rivista è accessibile.
Si vuole registrare, semplicemente, sia la presenza, tra i Direttori, nel Comitato di Direzione e nella Segreteria di Redazione, di studiosi appartenenti ai diversi settori del diritto pubblico italiano, sia la partecipazione, nel Comitato Scientifico, di colleghi che giuspubblicisti non sono e che, tuttavia, hanno sempre dimostrato una particolare sensibilità per il dialogo interdisciplinare e per una concezione “a tutto tondo” del diritto e dell’esperienza del giurista. Se si scorrono i nominativi dei componenti gli organi della rivista, è agevole constatare la presenza di persone di differente età, anagrafica e accademica. Il che è certamente abituale in una rivista scientifica, ma nel caso di ADP assume un significato ulteriore, quello di favorire il dialogo intergenerazionale, particolarmente prezioso quando si tratta di mantenere vivo l’insegnamento dei Maestri che ci hanno preceduto, in modo da poter guardare più lontano, stando sulle loro spalle.
Sicché ADP non ambisce soltanto ad essere una rivista bene organizzata. Ciò che essa si propone è di costituire soprattutto un punto di riferimento – suscettibile di essere integrato e arricchito continuativamente – per tutti coloro che sentano l’esigenza di riconoscersi in una comunità giuridica aperta e cosciente del proprio passato, impegnata nel tutelarne il lascito e nel valorizzarne le persistenti potenzialità, sul piano della ricerca storica e dogmatica, ma anche su quello epistemologico, nella direzione anzidetta. Questo, naturalmente, è anche un invito a prendere parte attiva alla progettazione e alla vita della rivista e di ogni iniziativa (seminariale, convegnistica, di studio, di ricerca, didattica, divulgativa) che per il tramite di essa si potrà realizzare.
ADP, d’altra parte, non si limiterà a ripubblicare soltanto pezzi più o meno “brevi”, o facilmente riproducibili. Nella missione di questa rivista c’è anche il compito di riproporre, come autonomo numero speciale (“classici in collana”), e con cadenza almeno biennale, anche altro genere di pubblicazioni, di carattere più ampio (quali monografie o volumi collettanei). E vi è anche l’orizzonte di creare una solida e viva rete di collegamento con tutte le iniziative editoriali che possano riconoscere nelle opzioni metodologiche di ADP un comune relais di relazioni accademiche e di occasioni di confronto e di discussione.
Al termine di questo rapido autoritratto, che presenta tutte le approssimazioni e i lineamenti, ancora abbozzati, di un disegno a mano libera (e per ora ADP può dirsi tale, visto che è al suo avvio), non è possibile trascurare i ringraziamenti.
Perché ADP non sarebbe mai stata neppure ideata senza il riscontro entusiasta di coloro che hanno accettato di formarne il Comitato di Direzione e il Comitato Scientifico. Più di tutto, però, ADP non avrebbe trovato la forza per esprimersi compiutamente senza l’aiuto fattivo dei membri della Segreteria di Redazione, e senza i consigli preziosi della Dott.ssa Gianna Adami, responsabile dell’Ufficio Editoria Scientifica dell’Ateneo trentino, e il puntuale presidio tecnico del Dott. Fabio Serafini, suo collaboratore.
A tutti gli alleati di questa piccola impresa collettiva dedichiamo, dunque, questo esordio, nella speranza di poter presto ricevere riscontro da tanti amici e colleghi, e di poter contribuire, per quanto possibile, alla manutenzione del sapere che ci è stato consegnato e che tanto ci sforziamo di proteggere e illustrare.
Trento – Novara, 15 settembre 2023
Massimo Cavino – Fulvio Cortese – Matteo Cosulich