Guerra, futuro, Pleistocene
La fluidità temporale nella poesia di Anja Kampmann
Abstract
1348, Palazzo papale di Avignone. Papa Clemente VI siede tra due fuochi, per scongiurare il contagio della peste nera che sta devastando l’Europa. Ma questa epidemia, questo «fiato nero» che striscia sulla terra, ci catapulta ai tempi di una pandemia molto più recente, quella del 2020, «un anno che non fu». Nella sua seconda silloge poetica, der hund ist immer hungrig (il cane ha sempre fame), Anja Kampmann si interroga sul nostro presente con uno sguardo che è al contempo memore del passato e proiettato verso il futuro. Con una lingua precisa e disadorna, ma non per questo priva di bellezza, l’autrice ci accompagna in questo viaggio fatto di continui salti temporali, dal Pleistocene agli anni ’90, dal secondo dopoguerra ai possibili scenari futuri, tracciando una rotta di cui non è dato vedere la destinazione finale. La raccolta, di cui ho curato la traduzione in italiano, è stata pubblicata dalla casa editrice La Nave di Teseo (2024).
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