Sul bisogno di senso
Abstract
Dal De Anima aristotelico a oggi i cinque sensi, ambasciatori eletti della più vasta percezione sensoriale, hanno dominato la gerarchia degli strumenti volti a impedire la discesa di un velo di nulla sulla nostra realtà. La percezione dell'esistente è ciò che concretizza la nostra realtà e, in quanto tale, è difenditrice ultima del nostro bisogno di esperire, senza cui nulla sarebbe comprensibile e, tanto meno, avrebbe senso. L'essere umano segue, dunque, la necessità naturale di percepire per non affondare nel terrore dell'assenza. Esso, però, ha sorpassato tale necessità, creandone una artificiale che lo porta ad ampliare il concetto di senso, attribuendogli il ruolo di creatore di valori. In questo testo si affronterà il tema della paura dell'assenza di senso e della spasmodica ricerca di esso in ogni componente del reale come sua reazione. Si analizzerà, quindi, il bisogno di senso come risultato della predisposizione biologica alla percezione sensoriale e come certezza nietzschiana a cui l'individuo delega la costruzione di sicurezze. Da tali analisi si concluderà che l'onnipresenza di tale bisogno nella comprensione della realtà vincola l'umanità a una percezione dell'esistente figlia di una costante attribuzione di valori artificiali, basati su un confortevole senso.
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