Problemi e figure della cristologia filosofica italiana nelle lezioni di Giovanni Moretto

Autori

  • Guido Ghia IIS "Europa Unita" di Chivasso (To)

DOI:

https://doi.org/10.15168/rs.v0i2.61

Parole chiave:

giovanni moretto, piero martinetti, giuseppe capograssi, pietro piovani, alberto caracciolo, cristologia, filosofia, teodicea, pensiero religioso liberale, nichilismo, male ontologico, redenzione,

Abstract

Il 14.11.1989 Giovanni Moretto (1939-2006) inizia all'Università di Genova, dove è, per il primo anno, Ordinario di Filosofia Teoretica, un corso dal titolo “Problemi e figure della cristologia filosofica”. In questo corso, programmatico per la sua stessa filosofia e qui ripercorso attraverso gli appunti di due suoi uditori, si individua innanzi tutto il legame strettissimo tra il logon didonai platonico e la giustificazione cristiana di origine paolina. La Chiesa autentica è convocata da una parola libera ed è chiamata a rendere ragione (chiedendone nel contempo conto a Dio) del senso dell'esistenza e della sofferenza dell'uomo giusto. Le grandi cristologie filosofiche, la domanda di senso filtrata cioè dall'esperienza umana di Gesù Cristo, sono in fondo teodicee in cui, nell'espiazione vicaria di Cristo, trova compimento l'esigenza etica di salvezza non solo del singolo, ma del mondo e dell'umanità intera. Nonostante i filosofi italiani non avrebbero, almeno stando alle note tesi del Padre Tilliette, elaborato in generale una vera e propria cristologia filosofica per l'incapacità di tenere separato il Cristo della fede e della teologia dal Gesù della storia e della filosofia, Moretto ritiene invece di poter individuare una cristologia autenticamente filosofica in quattro autori: Piero Martinetti, Giuseppe Capograssi, Pietro Piovani, Alberto Caracciolo. In Martinetti, Gesù non è figlio di Dio, ma un rivelatore che accede alla verità per intuizione diretta; in Capograssi, la passività del Cristo reietto e abbandonato diventa suprema attività e resistenza etica quando nell'agonia della croce lo spirito del figlio viene da questi volontariamente rimesso nelle mani del padre; in Piovani, la croce si rivela luogo ontologico ed etico di manifestazione della salvezza filosofica, cioè universale, annunciata da un Cristo in agonia con l'uomo fino alla fine dei tempi; in Caracciolo la croce si staglia all'ombra inquietante del nichilismo e del malum mundi, diventando momento universale di invocazione di senso al cospetto della sofferenza fenomenicamente inutile e del male ontologicamente più radicale, atroce e assurdo.

Biografia autore

Guido Ghia, IIS "Europa Unita" di Chivasso (To)

Docente T.I. di Filosofia nei Licei

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Pubblicato

2016-04-01

Fascicolo

Sezione

Focus 1