L’interruzione volontaria di gravidanza tra diritti costituzionali e questioni irrisolte
Un’analisi sull’evoluzione della tematica e sulle criticità che in essa si celano
DOI:
https://doi.org/10.15168/tslr.v4i1.2212Parole chiave:
aborto, giurisprudenza costituzionale, inizio vita, legge 194/1978, obiezione di coscienzaAbstract
L’interruzione volontaria di gravidanza costituisce un tema attorno al quale si sviluppa un ricco dibattito sociale e giuridico. Sebbene abbia avuto ingresso nell’ordinamento italiano in tempi risalenti, per mezzo della legge n. 194 del 1978, ancora oggi non cessa di originare criticità delle quali gli interpreti non possono evitare di farsi carico. A riguardo, estremamente esemplificativi sono i dati riguardanti le difficoltà di accesso alla procedura abortiva in Italia, evidenziate in più occasioni dal Consiglio d’Europa. Ampliando l’orizzonte d’analisi, è possibile rilevare come negli Stati Uniti si stia verificando un picco di contenzioso a seguito dell’entrata in vigore del Texas Heartbeat Act. La complessità delle questioni legate all’aborto trova fondamento e giustificazione nei diritti costituzionalmente rilevanti che si devono considerare e bilanciare il più ragionevolmente possibile: il diritto alla vita e alla salute della madre; i corrispondenti diritti del nascituro; il diritto del personale sanitario a veder rispettata la propria sensibilità etica. Il presente contributo si pone come obiettivo quello di analizzare il tema in una prospettiva che consenta di inquadrare e comprendere in che misura i suddetti diritti sussistano e siano tutelati. Privilegiare una chiave di lettura comparata che consideri il percorso storico attraversato dall’ordinamento statunitense e, parallelamente, da quello italiano, consentirà di cogliere come le due esperienze giuridiche abbiano affrontato questioni analoghe relativamente alla questione dell’aborto e come abbiano offerto soluzioni non dissimili.
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