L’immaginario urbano nel cinema
DOI:
https://doi.org/10.15168/xy.v2i4.73Abstract
Il cinema, da sempre, agisce come una spettacolare macchina del tempo, in grado tanto di attraversare il passato quanto di prefigurare il futuro. Nel peplum il cinema è obbligato, comunque, a una “fedeltà” sia pure parziale: si può rappresentare La passione di Cristo a Matera, ma i centurioni devono comunque indossare abiti da centurioni. Viceversa è nella fiction di fantascienza, nella anticipazione di mondi a venire, che esso dispiega appieno la sua “libertà” narrativa in un ambito totalmente privo di condizionamenti. Nella fantascienza filmica trovano, inoltre, rappresentazione le diverse dialettiche e contaminazioni tra città e architettura. Se da un lato, soprattutto agli albori del cinema, è la città moderna che con i suoi ritmi ispira il cinema, come nelle sequenze dei fratelli Lumière, in tempi più recenti è il cinema che, con i suoi effetti speciali, si fa carico di immaginare i paesaggi prossimi venturi. L’argomento proposto intende analizzare le diverse relazioni tra città e cinema valutando in che misura nella contemporaneità l’immagine urbana condiziona quella del cinema o, piuttosto, come il cinema si faccia carico di quelle prefigurazioni e utopie che nella condizione postmoderna non sembrano essere declinate dagli architetti, legati più alla confezione del singolo oggetto edilizio piuttosto che alle grandi mappe e narrazioni del passato. L’architettura riguarda lo spazio fisico, la città di pietra, in altre parole l’urbs; il cinema invece è uno spazio virtuale, simulato, che rappresenta essenzialmente la civitas, ovvero l’intreccio di storie e soprattutto di persone che si muovono nel “fondale” rappresentato dallo spazio dei paesaggi urbani, presenti o futuribili. Il dinamismo che distingue l’architettura costringe il fruitore a percorrere gli spazi e ad apprezzarne le continuità o le discontinuità, di scala e di forma. Nella visione cinematografica la successione delle scene, fluida o contrastata, mette in evidenza la struttura spaziale di un’architettura. Ciò che la macchina da presa rivela passando da un’inquadratura all’altra simula quello che vede l’occhio di un osservatore attento mentre “attraversa” un’opera o uno spazio dotati di senso architettonico. È pertanto interessante indagare i reciproci rapporti tra queste due diverse espressioni artistiche nelle loro rispettive capacità di dare forma ed immagine al futuro. L’articolo sarà accompagnato da alcune immagini “binate” finalizzate a mettere a confronto lo still frame di alcuni particolari film con altrettante immagini parallele desunte dal mondo dell’architettura e da quello dell’arte.