Racconti di-segni. Le montagne di Dino Buzzati
DOI:
https://doi.org/10.15168/xy.v9i15.3087Parole chiave:
imaging, prompt to image, retorica visivaAbstract
Considerato uno dei maggiori scrittori italiani del XX secolo e per questo più noto per l’attività letteraria che per quella grafico-pittorica, Dino Buzzati (1906-1972) ha consacrato il suo amore per la montagna con immagini concepite come racconti dipinti. Biografia e bibliografia confermano una vocazione per l’espressione visiva, parallela a quella per la scrittura. Questa doppia anima letteraria e figurativa si presta a valutare l’efficacia retorica delle immagini nel loro rapporto di complementarietà con le parole. Ai frutti della sua penna versatile si affianca l’esercizio delle arti visive nel disegno, nella pittura e nel racconto illustrato, per arrivare al fumetto. Tra le immagini dedicate alla montagna, spicca il richiamo alle figure retoriche della sua tempera più famosa, un duomo di Milano surreale (1958). La piazza diventa un altopiano alpino da cui svettano guglie e pinnacoli ispirati alla Cima Canali, che sciolgono come cera nei conoidi di deiezione che delimitano la scena agreste. La metonimia gioca con il bisticcio e l’anamorfosi, sottolineando nell’allegoria grafica il doppio uso delle due parole, con un evidente richiamo alla carica espressiva delle figure del linguaggio verbale. La montagna, carica di richiami simbolici, è una presenza ricorrente e metamorfica di paesaggi rarefatti, composti da pochi elementi essenziali e si trasforma in dune sabbiose, vulcani eruttanti, cumulonembi minacciosi o città turrite, come una palestra di espressione visiva. Essa offre lo spunto per un confronto tra due linguaggi diversamente legati alla possibilità di creare “figure”. I racconti grafico-pittorici dello scrittore, milanese di formazione ma “montanaro” di nascita ed elezione, sottolineano le relazioni tra il linguaggio grafico e quello verbale. Buzzati racconta le montagne a modo suo, come le vede e come le sente e le rappresenta in modo immaginifico: la libertà espressiva del disegno si sostituisce alla precisione della parola, lasciando comunque aperta la porta al sogno dell’immaginazione.

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