Tra linee diritte e linee curve
Uno studio sulla prospettiva
Abstract
Un tratto peculiare caratterizza la natura degli esseri umani: essi non si sono mai limitati a osservare la realtà circostante, ma si sono da sempre anche interrogati sul modo in cui la osservano e ne fanno esperienza. Con l’intento preciso di comprendere, dunque, i meccanismi sottesi alla percezione visiva, fin da subito è stato notato che l’occhio tende a deformare la realtà e a restituirne un’immagine non fedele: oggetti più lontani appaiono di dimensioni minori rispetto a quelli vicini, linee parallele sembrano congiungersi in lontananza. Fin dall’antichità, tali caratteristiche della percezione destarono curiosità e furono studiate fino a divenire oggetto di discipline specifiche: dapprima l’ottica, inaugurata da Euclide, e, in seguito, l’invenzione della prospettiva lineare nel Rinascimento, il cui padre è universalmente considerato Brunelleschi. In tal modo, la prospettiva brunelleschiana si configura come una tecnica di rappresentazione grafica dello spazio regolata da precise norme geometriche, a partire dalle quali è possibile istituire un sistema di linee diritte convergenti in un unico punto di fuga. Con l’articolo si intende, dunque, delineare un percorso in grado di rintracciare le fasi di sviluppo della prospettiva rinascimentale, fino ad accennare a nuovi modelli di prospettiva che, poggiando su linee curve e non diritte, tentano di restituire modi nuovi e diversi attraverso cui si può percepire la realtà.
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