Il disegno è l'idea dunque: è la forma vera della cosa
DOI:
https://doi.org/10.15168/xy.v6i11-12.2527Parole chiave:
disegno inventivo, disegno manuale, pensiero/disegno, rappresentazione digitaleAbstract
Ho raccolto la proposta di una riflessione sul disegno manuale privilegiandone l’aspetto “inventivo”, sia nei suoi modi incisivi, sia in quelli più di montaggio. Non conosco ancora strumenti di strutturata interazione tra esseri umani e macchine – quali le nuove interfacce neuronali, ecc. – e di riflesso, considero l’espressione “disegno digitale” un ossimoro. In italiano, infatti, disegno è parola polisemica, insieme nomen actionis, nomen acti e obiectum, in quanto designa contemporaneamente sia la concezione, sia la pratica esecutiva, sia infine l’esito del disegnare. Tali designazioni però costituiscono il dispiegamento di un pensiero “operazionale”, che si sviluppa cioè “intorno alle cose”, per formare immagini delle stesse. Un bildnerische Denken. Tuttavia è necessaria una distinzione essenziale del rapporto tra “pensiero”, “immagine” e “figura”. Secondo me non è data “un’immagine mentale” assimilabile a un disegno. Condivido pienamente l’opinione di Garroni che nella nostra esperienza, si formino “sensazioni”, “percezioni” e “immaginazioni”, cioè “immagini interne”, dinamiche, non ancora iconiche intorno alle quali il pensiero si raggruma fino a stimolare l’espressione di una prima figura. Tali figure/disegni costituiscono una base analitica del progetto in quanto identificano le fasi della sua fenomenologia formativa. E a tal fine, superando la loro denominazione generica (schizzi), ho provato ad identificare delle caratteristiche inventivamente tipiche in quattro classi di disegni inventivi, cioè: i “disegni di immagine” ovvero quelli iniziali, tracciati quasi come segni unici, nei quali cortocircuita l’ispirazione profonda e la prima razionalità dell’idea; i “disegni di schema” ovvero quelli che consentono di riordinare gli elementi costitutivi dell’immagine in un principio di struttura della sua forma; i “disegni di montaggio”, cioè quelli che caratterizzano il divenire dell’opera, ovvero i prodotti di un fare che inventa facendo e disfacendo e infine i “disegni di tracciato”, cioè quelli specifici della scrittura operativa del progetto. Atti terminali di quella ricerca razionale su di esso, per la puntuale, scoperta del suo “meccanismo” grammaticale e sintattico.
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